.
.... COPERTINA

....
.
15.11.1848, Roma
.
24.11.1868, Roma
.
2.12.1852 , Francia
.
10.12.1846, Hospental
.
18.12.1869, Piemonte
.
1.1.1839, il Politecnico
.
1-9 Gennaio 1848, Milano
.
17.01.1859
matrimonio di stato
.
27.01.1849
G. Verdi un patriota
.
9.2.1831 la rivolta
negli stati della Chiesa
.
14 gennaio-13 marzo 1858 Felice Orsini
.
.
Marzo 1848:
la primavera dei popoli
.
17 marzo 1861:
nascita di uno stato
o di una nazione?
 
.... ....
 
 

pubblicazione del 27 febbraio 2011
I martiri di Belfiore.
Nella sala del Consiglio Provinciale di Mantova una lapide ricorda le parole di Piero Calamandrei, che accomuna in un solo omaggio i caduti del Risorgimento e quelli della Resistenza:
Sulle fosse del vostro martirio, negli stessi campi di battaglia, o suppliziati di Belfiore, o volontari di Curtatone e Montanara, dopo un secolo Mantova vi affida questi suoi caduti della guerra partigiana... Accoglieteli, ombre fraterne, sono della vostra famiglia. Mutano i nomi dei carnefici, Radetzky o Kesserling, variano i nomi delle liberazioni, Risorgimento o Resistenza, ma l'anelito dei popoli è uno. Nella storia dove i secoli sono attimi, le generazioni si trasmettono questa fiamma ribelle.

Belle le parole che legano idealmente due momenti fondamentali di lotta per la libertà e l'indipendenza della penisola.
 

 
A Mantova il 29 febbraio 1853 sono condannati a morte i cospiratori mazziniani Tito  Speri (l'eroe delle 10 giornate di Brescia), Carlo Montanari e don  Bartolomeo Grazioli che saranno impiccati il 3 marzo nel forte di Belfiore, secondo gruppo dei Martiri di  Belfiore. Altre ventun condanne a morte, emesse dal consiglio di guerra a Mantova, saranno commutate nei lavori forzati dal generale Radetzky.
Raro ritratto di Tito Speri,  realizzato con il metodo della dagherrotipia (tecnica inventata nel 1839):  di forma ovale, è inserito in un piccolo astuccio richiudibile.

Dopo il congresso di Vienna del 1815, convocato per risistemare politicamente l'Europa, all'indomani della sconfitta di Napoleone I, Mantova era entrata a far parte del Regno Lombardo-Veneto, alle dirette dipendenze dell'impero asburgico.
Soffocati i moti del '48-'49, vinta la I guerra d'Indipendenza, l'Austria torna nel Lombardo-Veneto ben decisa a scoraggiare qualsiasi tentativo d'autonomia. Il cancelliere Felice di Schwartanberg è convinto che, per tenere sotto controllo gli eterogenei popoli dell'Impero, ci sia bisogno di qualche "salutare impiccagione". In un anno vengono eseguite nel regno 961 condanne a morte. I funzionari civili e militari sono liberi di applicare pene corporali. Le autorità impongono pesantissimi tributi.


Lapide commemorativa collocata a Mantova in via Chiassi, dove al numero 10 si riunivano i rivoluzionari  
Mantova è la provincia dove ogni differenza ideologica si stempera nel riconoscimento che è necessario prima di tutto organizzarsi, muoversi, per preparare una coscienza civica. In questa città vive ed agisce  don Enrico Tazzoli, mazziniano, che diventa la guida di un movimento insurrezionale, il cui scopo è combattere l'Austria, progettando insurrezioni o  atti assolutamente velleitari come la cattura ed il sequestro dell'imperatore  Francesco Giuseppe, la cui liberazione sarebbe condizionata da riforme, da concessioni di libertà e di autonomia nei territori dell'impero. Viene affidata a don Tazzoli l'emissione di un prestito interprovinciale per la raccolta di monete di piccolo taglio. L'audacia dei mantovani è tale che le cartelle sono offerte pubblicamente nei luoghi pubblici senza temere la polizia.La congiura viene scoperta per una circostanza fortuita: la perquisizione in casa di Luigi Pesci, esattore comunale di Castiglione delle Stiviere, perché ritenuto un falsario. Non sono trovate banconote false; viene, invece, trovata una cartella del prestito mazziniano. Pesci, interrogato, svela che un professore del Seminario di Mantova, don Ferdinando Bosio, gli ha venduto la cartella.
Questi, dopo aver resistito a 24 giorni di interrogatori, confessa che il coordinatore del movimento mazziniano è un suo collega: don Tazzoli. Con il sacerdote vengono arrestati i principali congiurati, tra cui Carlo Poma, Tito Speri, Carlo Montanari e altri iscritti di Mantova, di Verona, di Brescia, di Venezia. I rivoluzionari sono sottoposti a torture morali e fisiche, organizzate dallo spietato giudice istruttore tedesco Kraus. Quasi tutti i prigionieri confessano; anche don Tazzoli, dopo la scoperta e la decifrazione di un cifrario con i nomi dei congiurati ritiene assurdo negare l'evidenza. Cerca di minimizzare la responsabilità degli altri e di non rivelare i nomi di quelli che si celano sotto pseudonimi. La prima parte del processo si svolge sbrigativamente con la condanna a morte degli imputati.  Don Tazzoli è giustiziato assieme a Carlo Poma e a tre rivoluzionari che operavano a Venezia: Zambelli, Scarsellini, Canal, il 7 dicembre del 1852 nella valletta di Belfiore. Il  processo contro i rivoluzionari viene riaperto subito dopo e si conclude con la condanna a morte  degli altri tre congiurati: Carlo Montanari, Tito Speri e don Bartolomeo Grazioli, arciprete di Revere.

Il vescovo di Mantova, monsignor Corti, tenta invano un intervento, sostenuto anche da altri vescovi e dalla generale commozione diffusasi in tutto il Lombardo-Veneto, per salvare la vita ai condannati. Il rifiuto austriaco alla clemenza  riceve invece l' approvazione di Papa Pio IX, il quale vuole addirittura che tutti i preti coinvolti nella congiura siano sconsacrati.    Per somma ingiuria, e con gran dispetto alla pietà cristiana, il governo austriaco vieterà anche il seppellimento degli impiccati in terra consacrata. Ciò  a ulteriore umiliazione della Chiesa mantovana.Cerca di minimizzare la responsabilità degli altri e di non rivelare i nomi di quelli che si celano sotto pseudonimi.
La prima parte del processo si svolge sbrigati-vamente con la condanna a morte degli imputati.  Don Tazzoli è giustiziato assieme a Carlo Poma e a tre rivoluzionari che operavano a Venezia: Zambelli, Scarsellini, Canal, il 7 dicembre del 1852 nella valletta di Belfiore. Il  processo contro i rivoluzionari viene riaperto subito dopo e si conclude con la condanna a morte  degli altri tre congiurati: Carlo Montanari, Tito Speri e don Bartolomeo Grazioli, arciprete di Revere.

Il vescovo di Mantova, monsignor Corti, tenta invano un intervento, sostenuto anche da altri vescovi e dalla generale commozione diffusasi in tutto il Lombardo-Veneto, per salvare la vita ai condannati. Il rifiuto austriaco alla clemenza  riceve invece l' approvazione di Papa Pio IX, il quale vuole addirittura che tutti i preti coinvolti nella congiura siano sconsacrati.    Per somma ingiuria, e con gran dispetto alla pietà cristiana, il governo austriaco vieterà anche il seppellimento degli impiccati in terra consacrata. Ciò  a ulteriore umiliazione della Chiesa mantovana.
 
Belfiore, monumento ai martiri
Copyright 2005 by Associazione Non Commerciale di Promozione Sociale "MUSIC-HOUSE edizioni" - Malnate (VA). Attività di promozione del territorio, informazioni e aggiornamento